Taormina. Ben 1027 pagine che racchiudono il ricordo di una vita molto travagliata. La vita è quella di Vincenzo Rabito, bracciante agricolo, semi-analfabeta, soldato, minatore e carpentiere, che a un certo punto, esattamente nel 1968, per alcuni anni, decide di usare la vecchia macchina da scrivere del figlio e mettere nero su bianco tutti i suoi ricordi, diventando così uno scrittore. Solo grazie a Evelina Santangelo e Luca Ricci, noi oggi di queste 1027 pagine ne possiamo leggere circa 400. I due curatori, infatti, rispettando la scelta linguistica dell’autore, regolando solo la punteggiatura, hanno trascritto il testo di Rabito che nel 2007 è pubblicato da Einaudi con il titolo “Terra Matta”. Il libro diventa un caso letterario, un grande successo, a tal punto che viene realizzato un film-documentario e ne viene fatta una riduzione teatrale. Scritto senza interlinea, senza margine superiore, inferiore e laterale in un italiano orale impastato con il siciliano, il testo originale è certamente una delle narrazioni più avvincenti del nostro secolo, una pietra miliare della letteratura siciliana. “Terra matta” è il racconto dettagliato, strabiliante, curioso, di oltre cinquant’anni di storia italiana: dalle trincee della prima guerra mondiale alle bombe della seconda; dal ventennio fascista alla guerra d’Africa; dalle miniere della Germania alla terra aspra della Sicilia; dalla povertà del Sud contadino al “boom” economico degli anni sessanta. Insomma, un memoriale ricco di umanità, sentimento, un racconto tragicomico, scritto in un italiano totalmente inventato. Questa è la storia di un uomo che pur povero, pur analfabeta, pur ingenuo, viaggia molto, vive intensamente ogni attimo della sua vita e ne conserva una memoria storica viva. E’ la parabola di un uomo siciliano, esempio di un “vinto” che riesce a riscattarsi diventando un letterato. Questo testo è l’incontro magico di un cantastorie con la scrittura, la decisione di rendere immortali quei ricordi raccontati oralmente tante volte ai propri commilitoni e ai propri figli. Canto epico, il flusso ininterrotto dei ricordi e dei pensieri di Vincenzo Rabito ti sorprende, ti rapisce ti emoziona, ti fa comprendere che la vita comunque sia va apprezzata e che “se all’uomo in questa vita non ci incontro avventure, non ave niente da raccontare”.
Milena Privitera