Letojanni. “Decisamente non mi sbagliavo; qui è davvero terribile ogni cosa, e irriducibile. C’è una bellezza speciale e, per me, l’unica penetrante”: così la letojannese Bianca Garufi sintetizza le sensazioni, provate nell’agosto del 1945, durante una breve vacanza nella cittadina jonica, delle quali rende partecipe lo scrittore, Cesare Pavese (partner artistico-sentimentale) nel primo del corposo scambio epistolare, avuto con quest’ultimo. Già dalla prima lettera (sono, queste, circa 80 e saranno pubblicate da Olschki in primavera) si intuisce il tono della relazione, che si stabilirà fra i due, fatta di “passione, malinconia e ironica scontrosità”, come la definisce Mariarosa Masoero, responsabile dell’archivio Gozzano-Pavese all’Università di Torino, che ne ha curato raccolta e commento. Un carteggio denso di un intreccio amoroso assai travagliato in mezzo a dolcezze, scaramucce ed asperità (“io trovo molto bello questo maltrattarci insaziabile” diceva il poeta-suicida), che sarà oggetto di discussione ad opera della stessa Masoero il 21 novembre prossimo presso la sede milanese dell’Associazione Italiana Psicologia Analitica, in onore alla Garufi, essendo stata oltre che scrittrice (compartecipe del sodalizio letterario con l’artista piemontese, da cui nacque il romanzo a quattro mani “Fuoco Grande”) anche feconda psicoterapeuta, membro docente dell’Aipa. E’ partita, dunque, dalla cittadina jonica la missiva, che diede inizio alla tormentata storia tra l’allora 27 enne (era il luglio del 1945) segretaria siciliana della sede romana dell’Einaudi e il giovane poeta torinese, anch’egli approdato alla nota casa editrice.
Antonio Lo Turco