Taormina. Il giornalista taorminese Gaetano Saglimbeni ha scritto un altro libro, “Dal vostro inviato”, in uscita nei prossimi giorni. Trent’anni di giornalismo in giro per il pianeta Terra. Tante storie, esilaranti e amare, affascinanti e terribili: il grande “teatro della vita”, con i suoi drammi, le assurdità, i paradossi, splendori e miserie, le mille contraddizioni di quello che per Pirandello era il “tragico grottesco quotidiano”. Gaetano Saglimbeni, 78 anni, ex redattore e inviato del settimanale Gente, è un testimone del suo tempo che non ha mai amato e non ama le mezze verità. Ha raccontato e racconta tutto, con nomi e cognomi. Sapido e intrigante il suo ”dietro le quinte” hollywoodiano. Rodolfo Valentino, “un piumino rosa, una cocotte imbellettata”, a sentire le ex mogli. Cary Grant, recordman del bacio più lungo sullo schermo, “elegante in smoking, eccitante in vestaglia, deludente in pigiama, una frana sotto le lenzuola”. Greta Garbo e Marlene Dietrich, grandi “divoratrici” di uomini sullo schermo, nella vita si contendevano le amanti. Il ”monello” Chaplin, noto ingravidatore di minorenni (che era poi costretto a sposare), insidiò la giovanissima amante al magnate della carta stampata William Hearst che lo ospitava sul suo panfilo in crociera, e quello, sparando al buio tra i fumi dell’alcol, colpì a morte un regista (Tom Ince) che con quella storia di corna non c’entrava per nulla. E tutto questo mentre il ”giovane leone” Montgomery Clift rifiutava i letti di due dive tra le più affascinanti di Hollywood, Liz Taylor e Marilyn Monroe, e la tormentata Marilyn moriva sola e disperata a 36 anni, imbottita di barbiturici, dopo aver chiesto invano un po’ di affetto ai potenti che avevano avuto il suo corpo. Uno “spaccato d’epoca” caustico e inquietante. Erano gli anni in cui Liz Taylor, Jean Simmons e Liza Minnelli lavavano pavimenti al “Betty Ford Center” per salvarsi dall’alcol e dalla droga che avevano ucciso a 47 anni la madre di Liza, Judy Garland, celebre “usignolo d’America”; Paul Newman, dopo la morte del figlio per overdose, si scagliava contro gli intellettuali che parlano della droga come di una moda, senza avvertire i ragazzi dei gravissimi rischi che corrono; Betty Hutton, la ex “bionda incendiaria” di Hollywood, abbandonava il cinema e la ricchezza per andare a fare la perpetua, povera tra i poveri, nella parrocchia di una chiesa cattolica del New Hampshire. E, con i divi del cinema, i grandi della politica, della letteratura, della musica, della moda, dello sport: le impennate e gaffe presidenziali del collerico, imprevedibile e simpaticissimo Sandro Pertini in visita di Stato nella Cina del dopo Mao ed il suo incontro con Deng Xiao-ping, l’uomo forte del regime, all’Assemblea del Popolo di Pechino; la regina Elisabetta d’Inghilterra in Canada accanto alla figlia Anna, la principessa amazzone, disarcionata due volte da cavallo durante le gare olimpioniche; l’acciaccato Breznev alla Olimpiade di Mosca tenuto in piedi da una maga; il dittatore argentino Videla, passato alla storia come il bieco assassino dei “desaparecidos” durante i Mondiali di calcio a Buenos Aires; il re Juan Carlos di Spagna e la regina Sofia in tribuna allo stadio “Santiago Bernabeu” di Madrid per festeggiare con Pertini la terza vittoria mondiale dei calciatori italiani; le interviste sexy del colonnello libico Gheddafi alle belle giornaliste straniere (dalla tenda alla camera da letto); la mini-ginnasta rumena Nadia Comaneci, costretta a subire in patria, dopo il trionfo alla Olimpiade di Montreal, una incivile violenza e persecuzione dal figlio del dittatore comunista Ceausescu; il dissidente sovietico Aleksandr Solgenitsin, premio Nobel per la letteratura, scampato agli orrori del “gulag” in Siberia. La ex imperatrice Farah Diba (in esilio a Parigi) racconta il pianto a dirotto che fu il suo “sì” alla dichiarazione d’amore dello scià di Persia; Ringo Star, la farsa dei Beatles “baronetti con droga “a Buckingham Palace; Laurence Olivier, la pazzia della seconda moglie, Vivien Light (“Una notte, per la disperazione, stavo per ammazzarla, poverina”, la sua drammatica confessione); e la fotomodella inglese Twiggy, celebre “miss Stecchetto” degli Anni Settanta, lo scandaloso “business” che prosperava dietro i suoi 40 o 41 chili di pelle e ossa. “Matte da legare, le ragazze che fanno la fame e rischiano la vita per imitarmi”, il sorprendente e accorato messaggio che lanciò al mondo da un ristorante di Venezia, davanti ad un bel piatto di spaghetti con i frutti di mare: contro le ciarlatanate di dietologi senza scrupoli, complici spesso non involontari di affaristi criminali che sulla pelle di tante credulone facevano montagne di dollari. Ed ancora: due storie di sesso in Sicilia, che hanno avuto in epoche diverse grande risonanza in tutto il mondo. La prima riguarda la baronessa tedesca Frieda Richthofen, protagonista nel 1921 dei famosissimi giochi erotici sotto la pioggia con il mulattiere Peppino D’Allura di Taormina che al marito scrittore (l’inglese David Herbert Lawrence) ispirarono il più scandaloso romanzo del ‘900, “L’amante di Lady Chatterley”. La seconda, il“califfo dei poveri” Pippineddu, siciliano di S. Agata Militello, un Liolà pirandelliano “dispensatore di amore e fecondità”, padre di 36 figli accertati ufficialmente (4 messi al mondo dalla moglie emigrata in America e 32 dalle concubine) e di tanti altri “regalati” in gran segreto a spose che non potevano averne dai mariti. Il Pippineddu-Liolà di S. Agata Militello, impegnatissimo con le donne dell’harem che a turno giacevano nel suo talamo (una per sera, non di più, perché al super-maschio Pippineddu, amatore all’antica, le ammucchiate non piacevano), trovava il modo ed il tempo per occuparsi anche delle sfortunate ragazze del contado che, spose non felici, reclamavano il diritto ad essere mamme. Li concepivano con lui, i figli che desideravano, consenzienti o no i mariti. “Ne ho reso felici tante”, dice oggi il sessantaquattrenne Pippineddu. Quante, non ha mai voluto e non vuole dirlo… “E’ un segreto tra me e le loro mamme, che non sempre hanno potuto parlarne serenamente in famiglia. Perché dovrei turbare la loro vita familiare, rivelando cose che non possono e non debbono essere rivelate? Posso dire soltanto che ne incontro spesso in strada, ragazzi che so essere figli miei, e vorrei abbracciarli come abbraccio tutti gli altri, ma ad essi non posso dire di essere il loro papà. E’ un dramma, certo, per me. Ma ricordo anche i drammi delle loro mamme, quando venivano a confidarmi di non essere in grado di concepirli con i loro mariti, i figli che desideravano tanto. Le ho fatte felici io, quelle povere ragazze. Ed ho fatto felici anche i mariti che, consapevoli o no di quello che era avvenuto nel mio letto, si sono poi assunti la paternità delle creature che sono venute al mondo”. Tutti felici, insomma. Come nella famosa commedia del siciliano Luigi Pirandello che il “califfo” Pippineddu non ha mai visto in teatro né letto ed ha interpretato benissimo per una quarantina di anni, da uomo d’onore. Nell’harem, con le concubine ufficiali (tra le quali, una madre e la figlia, due sorelle, una zia e la nipote, che dichiaravano ai giornalisti di non conoscere la gelosia), non c’erano segreti. Ma le spose che volevano mantenere il segreto, per ragioni comprensibilissime, potevano contare sulla assoluta discrezionalità del super-maschio. Il quale offriva i suoi servigi anche a domicilio o in cascinali di campagna, al riparo da occhi indiscreti. Anche da quelli delle concubine che attendevano il turno per passare una notte con l’amatissimo Pippineddu e non sempre erano disposte a tollerare intrusioni.